Paola Cortellesi apre la Festa del Cinema di Roma con il suo debutto alla regia

Le vestagliette modeste e linde delle nostre nonne, i quartieri operai zona Testaccio o ricostruiti in una Cinecittà che già di suo, per storia, s’intona al bianco e nero di C’è ancora domani, film che apre in levare la Festa del Cinema, esordio alla regia di Paola Cortellesi, anche protagonista in un racconto avvincente fin dal manifesto, affollati primi piani di donne che ci vengono incontro, ci incalzano con i loro sguardi.

È il 1946, l’economia di guerra non è tutta alle spalle, la Liberazione si sente nelle strade, ma per Delia pare cambiare poco: è in balia di un marito padrone e di un suocero canaglia, prigioniera del ruolo e di maltrattamenti, ma non reagisce “perché così le hanno insegnato”, ci racconta Cortellesi, “non vede alternativa. La sua unica aspirazione è il matrimonio della primogenita, per la quale nutre speranze di una vita agiata e serena. Pare la trama di una fiaba per bambine, sempre zeppe di zone oscure, pensiamo ancora oggi al mito delle ‘principesse’ e invece è storia, piuttosto consueta, di una famiglia italiana, di una donna, all’epoca. Delia non reagisce, ma una missiva a lei indirizzata le accenderà il coraggio, ho tentato di immaginare cosa abbiano provato quelle donne nel ricevere una lettera in cui qualcuno – tanto più importante dei loro aguzzini – certificava il loro diritto di contare. Ho voluto raccontare le imprese straordinarie delle tante donne comuni che, ignare, hanno cambiato il corso delle cose”.