Ken Loach, regista e figura iconica del cinema inglese, nel corso degli ultimi decenni ha narrato con straordinaria maestria la vita della classe operaia in Inghilterra, portando alla luce le sfide, le ingiustizie e le speranze di chi spesso è rimasto ai margini della società.
In occasione dell’ultimo Festival del Cinema di Canne ha presentato quello che potrebbe forse essere l’ultimo capitolo di una carriera straordinaria: “The Old Oak“, un film con cui Loach si addentra ancora una volta nel mondo delle comunità della working class del Nord Est dell’Inghilterra, focalizzandosi questa volta sull’unico pub rimasto in un vecchio villaggio di minatori.
Da “Piovono pietre” (1993) a “In questo mondo libero…” (2007), Loach ha narrato con maestria la vita dei minatori, dei lavoratori interinali, dei disoccupati, degli autisti, degli edili, dei portuali, dei ferrovieri e degli ex militari. La sua filmografia abbraccia una vasta gamma di categorie umane, offrendo uno sguardo penetrante sulle questioni sociali e le dinamiche della classe operaia.
Attraverso capolavori come “Terra e libertà” (1995) e “La canzone di Carla” (1996), Loach ha portato sullo schermo la storia della sinistra mondiale, esplorando la guerra civile spagnola, il Nicaragua e l’Irlanda. La sua costante cifra stilistica è l’internazionalismo, la connessione tra lotte che si svolgono in luoghi diversi, unite dalla partecipazione di militanti transnazionali.
I suoi film hanno catturato lo spirito del tempo, riflettendo le grandi proteste del movimento No Global negli anni 2000. Opere come “My Name is Joe”, “Bread and Roses” e “Sweet Sixteen” hanno raccontato il mondo contemporaneo, proiettandosi in contesti di protesta e discussione politica.
Anche oggi, Loach continua a mantenere il suo impegno nel far vedere i suoi film alle comunità di base, proiettandoli in luoghi come sale sindacali, pub e chiese. “Io, Daniel Blake” e “Sorry We Missed You”, gli ultimi due film, continuano a esplorare la realtà della working class inglese, dimostrando che la sua passione per il cinema come strumento di cambiamento sociale è più forte che mai.