Quando la Moda scoprì l’America: “The Battle of Versailles”

Viviamo in un epoca in cui il vestire sta diventando sempre più funzionale e libero da codici, non esistono più la moda di corte, abiti per ogni momento della giornata o per ogni stagione, un po’ perché a differenza del passato le giornate fuori casa, che sia per studio o per lavoro, sono sempre più lunghe -dunque bisogna essere pronti ad ogni evenienza- e un po’ perché non ci sono più le accortezze del tempo. La società muta e con essa anche la moda, di cui ne è lo specchio, facendo un salto nel passato ricordiamo un periodo particolare in cui questo lento mutamento ebbe inizio. 

Era il 1973 quando cinque (allora sconosciuti) creatori americani si riunirono sotto un unico tetto, quello della Reggia  di Versailles, per sfidare a suon di stoffa cinque (conosciutissimi) designer francesi. Oscar de la Renta, Stephen Burrows, Bill Blass, Anne Klein e il rivoluzionario Halston stavano per cambiare il futuro della  moda americana, solo che nessuno lo immaginava, tantomeno i rivali parigini Yves Saint Laurent, Emanuel Ungaro, Marc Bohan per Christian Dior, Hubert de Givenchy e Pierre Cardin.

Quella che è divenuta una delle sfilate più emblematiche della storia della moda, ricordata con l’appellativo datole dalla stampa di “Battle of Versailles”, era nato come evento di fundraising, organizzato da Eleanor Lambert. Erano i rivoluzionari anni ’70 e la moda era spaccata in due: da un lato le grandi maison proponevano un revival dei codici stilistici della Grande guerra, dall’altro si facevano strada le voci dei giovani, tra l’emancipazione delle lotte studentesche, lo spirito pacifista del movimento hippie con l’anticonsumismo, l’audacia dei punk… insomma, la passerella attingeva sempre più dalla strada.

Il gusto italiano, il cosiddetto made in Italy non era ancora stato consolidato, la moda francese specializzata nella couture era opulenta e complessa e riservata a pochi eletti, risultando ormai atemporale rispetto al nuovo spirito del tempo; intanto dall’altra parte del mondo il sistema industriale andava a gonfie vele con la vendita su catalogo, mancavano però dei nomi così forti da permettere alle loro creazioni di emergere sia nel resto del mondo che rispetto alle importazioni.

La moda americana era legata a un immaginario di tipo sportivo, con pochi dettagli e decorazioni, dunque perfetta per la produzione in serie e più vicina al prêt-à-porter. Rispetto a quella francese era molto più libera, il corpo lo era, era libero di muoversi, ciò nonostante l’essenzialità dei capi di designer come Halston veniva percepita come poco creativa, commerciale, almeno fino al 1973 anno in cui fu scritta una nuova pagina della storia della moda americana e della fashion industry, che aprì la strada a nomi come Calvin Klein o Ralph Lauren -per citarne alcuni-.

Sfilarono prima sotto forma di presentazione formale una sfilza di modelle con indosso i capi dei couturiers francesi, seguirono altrettante modelle dai più disparati background etnici che danzavano accompagnate dalla musica in abiti sciolti e leggeri, uno show che adesso risulterebbe nella norma ma che al tempo stava iniziando a rompere gli schemi tradizionali.

Il pubblico rimase per un attimo in silenzio, poi si alzò all’improvviso e iniziò ad applaudire. Avevano vinto, quelli che erano reputati dei meri creatori avevano segnato un pezzo di storia che di lì a poco avrebbe coinvolto tutto il mondo, gli abiti “sportivi” e dinamici erano diventati vestiti ordinari di persone ordinarie.