Ieri come oggi la sigaretta può essere considerata un accessorio?
Già dagli anni ‘20 il fumo, passatempo tradizionalmente maschile, diveniva progressivamente status symbol della donna “sensuale e sofisticata”, e le modelle flapper venivano sempre più spesso immortalate negli annunci pubblicitari con una sigaretta in mano. Per tutto il XX secolo, poi, l’industria del tabacco ha cercato di espandere il suo mercato attraverso operazioni promozionali investendo nei settori della moda, della cultura, dello sport e ad oggi anche dei social network, in modo da rendere il fumo una vera e propria norma sociale.
La vera svolta avvenne nel 1929, quando Edward Bernays capì che per vendere il prodotto ad una fetta femminile più ampia, doveva in primis venderlo ad un ristretto numero di donne che godessero dell’attenzione dei media: le suffragette, coloro che non si presentavano in veste di “madri affrante” e “mogli devote”, ma in veste di donne indipendenti, desiderose di affermare e ribadire i propri diritti e, soprattutto, incuranti del giudizio altrui. La percezione delle fumatrici venne così completamente ribaltata; il targeting di queste donne permise ai produttori di associare pian piano il fumo a idee di emancipazione e seduzione, creando così l’immagine di un prodotto e di un lifestyle “cool”. Pioniera di questo stile di vita proprio la modella Kate Moss; basti pensare alla presunta dieta da top model di “caffè, sigarette, vodka e champagne” che rientrava nell’estetica “heroin chic” anni 90. Quest’ultima si opponeva al classico stile da supermodella promuovendo invece un look androgino-grunge (pelle pallida, occhiaie, magrezza esagerata e capelli arruffati) e divertimento sregolato.
Ricordiamo quando Kate chiuse lo show di Louis Vuitton nel 2011 al Carre du Louvre, durante la settimana della moda di Parigi, con addosso una culotte di velluto, una camicia di pelle con maniche in pelliccia, stivali stringati in stile bondage e l’accessorio che ha reso celebre questo fashion moment, la sigaretta. La sfilata, firmata Marc Jacobs, voleva ricreare l’ambiente di un hotel, compreso di cameriere che servivano bicchierini di vodka, e un ascensore, dal quale emergevano le modelle. L’idea era quella “che le donne in questo spettacolo fossero tutte personaggi, non solo ragazze anonime”. E per dare vita a questa visione Kate viene trasformata in una rockstar, che calca la passerella in maniera sbarazzina, libera di esprimersi e di scegliere per sé stessa, incurante delle critiche.

Nonostante anni di campagne contro il tabacco, la dirompente sensualità della sigaretta e la sua capacità di trarre l’emblematico da un gesto quotidiano sembrano voler reclamare nuovamente il loro status chic alla Kate Moss. A dimostrazione della forza comunicativa che tale abitudine può rivestire, due designer se ne sono serviti come oggetti di scena nelle loro sfilate durante la settimana della moda di New York a febbraio. Si tratta di Christian Cowan, che ha portato in passerella il glamour della ricca casalinga, e di LaQuan Smith, con la sua ode all’estetica “office siren”. Entrambi le hanno utilizzate per attribuire alle modelle il ruolo di “donna alfa”, come a voler confermare quanto una semplice sigaretta possa riempire di significato uno scatto altrimenti timido. Sembra proprio che, nonostante gli sforzi di eliminare questo vizio dalla vita di tutti i giorni, quest’ultimo continui ad aggiungere carattere e a portare con sé l’idea di uno status simbolo di ribellione e di provocazione, che si sposa perfettamente con lo spirito fashion degli ultimi anni.