Negli ultimi anni, il tema della sostenibilità è diventato centrale nel mondo della moda. Con una crescente consapevolezza riguardo all’impatto ambientale e sociale dell’industria, sempre più marchi e consumatori stanno cercando di adottare pratiche più responsabili. Tuttavia, la realtà di come la moda viene prodotta, consumata e smaltita è molte volte distante dall’ideale di sostenibilità. Un esempio emblematico di questa problematica è rappresentato dalle discariche di abbigliamento in Ghana, un fenomeno che mette in luce le contraddizioni della fast fashion.
Il Ghana è diventato un punto di raccolta per enormi quantità di vestiti usati provenienti da tutto il mondo. Sebbene la donazione di abiti di seconda mano possa sembrare un gesto nobile, la realtà è ben diversa. Ogni settimana, nel paese arrivano milioni di chili di abbigliamento, gran parte dei quali non è utilizzabile o non è adatto alle esigenze locali. Le discariche di Abidjan, e in particolare quella situata a Kantamanto, sono esempi significativi di questa situazione critica. Qui, cumuli di vestiti usati giacciono abbandonati, creando un paesaggio desolante e inquinato.
Questa assoluta sovrabbondanza di vestiti gettati via contribuisce all’inquinamento ambientale e alla crisi dei rifiuti. Molti di questi indumenti, realizzati con materiali sintetici, non si biodegradano e continuano a inquinare il suolo e le acque. Le fibre in plastica dei tessuti, come il poliestere, si degradano lentamente rilasciando microplastiche nel suolo e nei corsi d’acqua, con conseguenze devastanti per la biodiversità e la salute umana.
Inoltre, la gestione delle discariche è spesso inadeguata e i rifiuti provenienti dalla moda non vengono gestiti correttamente. L’accumulo di rifiuti di fast fashion implica una serie di problemi sociali ed economici, come il lavoro informale e l’assenza di accesso ad una gestione dei rifiuti efficiente. Molti ghanesi sono costretti a guadagnarsi da vivere raccogliendo e selezionando questi vestiti, in condizioni precarie e spesso esposte a sostanze tossiche.
Per affrontare questi problemi, sono fondamentali riforme sostanziali all’interno dell’industria della moda. Questo passa innanzitutto attraverso una maggiore responsabilità da parte dei produttori. I marchi devono adottare pratiche più sostenibili, come la produzione di capi duraturi e riciclabili, e considerare l’impatto a lungo termine delle loro scelte progettuali. Inoltre, è essenziale investire in programmi di raccolta e riciclaggio, che possano garantire che i vestiti non utilizzati vengano trattati in modo responsabile, piuttosto che giacere inutilizzati nelle discariche.
Anche i consumatori possono svolgere un ruolo fondamentale. Informarsi sulle pratiche di sostenibilità dei marchi, promuovere il riutilizzo e la riparazione degli abiti e supportare le etichette che adottano modelli di business circolari è cruciale. Ogni piccolo gesto conta e può contribuire nella lotta contro la fast fashion e il suo impatto devastante sia sull’ambiente che sulle comunità, come quella ghanese.
Il tema della sostenibilità nella moda è dunque complesso e interconnesso con questioni sociali, economiche e ambientali. Le discariche di abbigliamento in Ghana evidenziano l’urgenza di un cambiamento radicale nell’industria. È tempo di ripensare il nostro approccio alla moda, abbracciando un modello più sostenibile, etico e responsabile, che guardi al futuro non solo del nostro pianeta, ma anche di tutti coloro che ci vivono.