“Essere surrealista significa escludere dalla propria mente ogni ricordo di ciò che si è visto, ed essere sempre alla ricerca di ciò che non è mai stato”.
Con queste parole di René Magritte, posso riassumere quello che ho pensato la prima volta che ho visto la giacca parrucca della collezione primavera-estate 2009 del “padre della decostruzione”.
La stampa ha denominato con questo appellativo Martin Margiela, designer che ha donato al mondo della moda un nuovo modo di osservare un capo di abbigliamento. Il suo sguardo era diverso, si potrebbe parlare di brama nel deformare la realtà. Si, perché il suo desiderio era quello di vedere la sua stessa espressione, fiera e disinibita, stampata sul volto della gente. Quest’ultima doveva essere sorpresa esclusivamente dall’abito e non dal designer. Infatti, il sentimento che provava per le sue creazioni era così forte che preferiva rimanere “nel backstage” e sentire che gli applausi erano tutti per le sue produzioni sartoriali. Tra i pezzi più acclamati, oltre le calzature Tabi o il gilet realizzato con lo scotch o con pezzi di piatti rotti, c’è sicuramente il cappotto-parrucca realizzato con capelli biondi sintetici. Con questa creazione, il designer che riciclava e destrutturava le silhouette, decise di dire addio alla Maison. Una scelta molto difficile, presa probabilmente a causa della grande influenza che internet ha avuto sugli individui. Questi ultimi, non rimanevano più sbalorditi dalle collezioni della Maison Margiela di come lo erano inizialmente, perché avevano accesso ad un motore che permetteva loro di essere sorpresi quotidianamente.
Per una personalità eccentrica e travolgente non sarà stato facile accettare di non essere più l’unico in grado di stupire con le sue destrutturazioni. Nonostante il suo stile non sia stato compreso a pieno da molti professionisti, definito distruttivo piuttosto che costruttivo, il designer ha liberato le catene che limitavano il senso di fare moda. Non si parla semplicemente di creazioni sartoriali ma di vere e proprie manipolazioni visive. Niente schemi e criteri standardizzati, solamente una regola: trasformare l’esistente in ciò che non è mai esistito.