Art Basel Paris è ormai uno degli appuntamenti più attesi per gli amanti dell’arte contemporanea. Durante la settimana, la città apre le sue gallerie e artisti emergenti hanno la possibilità di far conoscere le proprie opere e visioni creative ad un pubblico internazionale. Nei quartieri dove l’arte contemporanea si concentra, dal Marais a Saint-Germain, passando per Belleville, si percepisce una frenesia elettrica, una corsa collettiva per esserci, mostrarsi e vendere. Ma se in ogni angolo si respira l’attesa e l’aspettativa, con inaugurazioni anticipate e vetrine tirate a lucido, in Rue de Turenne, nel cuore del Marais, qualcosa è diverso. Al numero 57, nella vetrina di Pièce Unique, la galleria di Massimo De Carlo, si vede un’assistente dormire appoggiata alla sua scrivania.

L’opera si intitola October 2025, seconda presentazione del duo scandinavo Elmgreen & Dragset. Gli artisti ribaltano le regole, mostrando in vetrina ciò che di solito resta nascosto, in particolar modo nel mondo dell’arte: il lavoro d’ufficio, il lavoro invisibile. L’assistente, infatti, viene rappresentata con il portatile aperto, una pila di cataloghi accanto, tra cui uno di Lucio Fontana e uno firmato dagli stessi Elmgreen & Dragset e dall’altra parte un comunicato stampa sul tavolo che racconta proprio di lei. Con scarpe nere dal tacco alto e giacca elegante poggiata sulla sedia, la donna, che è in realtà una scultura iperrealistica, attira la curiosità di tutti i passanti, rappresentando l’opposto al clima di frenesia che invade invece ogni vetrina vicina. L’opera resterà in esposizione giorno e notte fino al 31 ottobre 2025, chiudendo simbolicamente il mese più febbrile dell’anno per il sistema dell’arte parigino. Ciò che è interessante è anche il rapporto tra il ruolo da protagonista e chi lo interpreta: di norma la gallerista è una figura di contorno, una professionista che racconta di più del contesto che le ruota attorno piuttosto che di lei. In questo caso, invece, lei e il suo lavoro sono al centro di tutto, messi in evidenza, esposti e trasformati così nel simbolo di un’intera categoria di lavoratori troppo spesso invisibili.


Non si tratta di un tema casuale. I due artisti scandinavi, che lavorano insieme dal 1995, sono noti proprio per trasformare elementi del quotidiano in allegorie asciutte e taglienti rispetto alle dinamiche sociali e politiche contemporanee. In questo caso, vi erano alla base dati di ricerca secondo cui nelle gallerie e nelle istituzioni culturali le impiegate di sesso femminile sono la maggioranza del personale, ma restano largamente escluse dai vertici; in più si è notato un malcontento generare dei neolaureati che cercano di entrare nell’industria. L’esposizione di quest’anno è stata sicuramente un gesto sovvertivo, riuscito nel suo intento anche solo dal fatto che porta a chiedersi se ciò che si sta guardano sia un’opera progettata o meno.