
Nel panorama della fotografia contemporanea, Steven Klein è una figura che sfugge a ogni definizione convenzionale. Nato a New York nel 1961 e formatosi come pittore alla Rhode Island School of Design, Klein ha costruito un universo estetico che unisce sensualità, violenza e finzione. Le sue immagini, spesso disturbanti e ipnotiche, non raccontano semplicemente la moda: la interrogano, la mettono in crisi, la usano come specchio delle ossessioni del presente.
Klein è il fotografo dell’ambiguità. I suoi scatti, che hanno definito campagne per Alexander McQueen, Balenciaga, Louis Vuitton e Dior, sono vere e proprie performance visive, dove la bellezza convive con il grottesco e il desiderio si intreccia al pericolo.
In questa intervista, Klein racconta il suo processo creativo selezionando alcune Polaroid inedite dal suo archivio personale (una finestra diretta nel suo universo estetico, dove la moda diventa un teatro e finzione allo stesso tempo).
Nei suoi lavori per Vogue Italia, W Magazine e Interview, la fotografia diventa un linguaggio narrativo che attraversa cinema, arte e cultura pop. Ogni immagine è una storia di potere, costruita con una precisione quasi teatrale: luci artificiali, pose scultoree e scenografie che evocano tanto un set cinematografico quanto un sogno inquieto.
Celebri sono le sue collaborazioni con Madonna, Lady Gaga e Brad Pitt, dove Klein trasforma la celebrità in un corpo simbolico, esposto, vulnerabile e manipolato. Nei suoi video musicali e cortometraggi (da X-Static Process a Secret Project Revolution) emerge il suo interesse per il controllo, la disciplina e la ribellione, temi centrali di tutta la sua produzione. L’erotismo diventa così un linguaggio politico, un modo per esplorare la tensione tra dominio e libertà.

La fotografia di Klein non seduce, ma sfida. Spesso accusato di essere provocatorio o eccessivo, l’artista ha costruito un’estetica coerente e riconoscibile, capace di influenzare generazioni di creativi. Il suo lavoro rispecchia una società ossessionata dall’immagine, dalla manipolazione e dal desiderio di potere. In un’epoca in cui la fotografia tende alla perfezione digitale, Klein preferisce il rischio, la distorsione e l’imperfezione, trasformandole in strumenti di verità visiva.
Oggi, a oltre trent’anni dal suo debutto, Steven Klein continua a essere una delle voci più radicali e necessarie della moda e dell’arte contemporanea. La sua visione, al tempo stesso disturbante e magnetica, ricorda che l’immagine non serve solo a rappresentare, ma anche a mettere a nudo. Il suo sguardo non cerca di consolare, ma di far pensare: un invito a guardare oltre la superficie, dove il bello e l’inquietante si incontrano e diventano la stessa cosa.