Nel suo recente film La vita va così, Riccardo Milani racconta la Sardegna come un’isola sospesa in un conflitto interiore: da un lato la spinta verso la modernizzazione, la necessità di creare lavoro e aprirsi al mondo; dall’altro il desiderio profondo di non tradire le proprie radici e di proteggere una terra percepita come sacra e insostituibile.
Il protagonista, Efisio Mulas, è un pastore che vive da sempre nel suo furriadroxiu, il tipico casolare sardo immerso tra i campi dell’isola. Quando una società immobiliare di Milano gli offre una somma ingente per acquistare i suoi terreni e costruire un resort di lusso, il pastore rifiuta. La sua scelta, ispirata a una storia vera, diventa l’emblema di una resistenza morale e culturale: un atto di dignità che difende l’identità sarda di fronte alle pressioni del mercato e del turismo di massa.
Quel “no” non resta un fatto privato. L’ostinazione di Efisio innesca una reazione a catena che coinvolge la comunità, le istituzioni e i media, trasformando una decisione personale in una battaglia collettiva. Milani usa questa vicenda per mettere in scena un dilemma che attraversa l’intera isola e, più in generale, molte realtà periferiche del Mediterraneo: come conciliare tradizione e sviluppo senza snaturare la propria anima?
Efisio diventa così una figura simbolica: un uomo comune, fragile e testardo, ma capace di difendere un principio più grande di lui. Nel suo gesto si concentra la consapevolezza che la terra non è solo un bene economico, ma un’eredità affettiva e culturale, parte dell’anima collettiva di un popolo.
Milani racconta tutto questo con uno sguardo realistico ma poetico. La regia si affida ai silenzi, ai volti segnati, alla potenza dei paesaggi: il vento tra i ginepri, il rumore delle pecore, la pietra ruvida dei furriadroxius diventano frammenti di una memoria visiva che restituisce alla Sardegna la sua autenticità, lontana dagli stereotipi turistici.
Attraverso La vita va così, Milani mostra come il cinema possa diventare un atto politico e poetico insieme: uno strumento capace di raccontare la complessità dei territori e di restituire dignità alle storie minori, spesso invisibili. La Sardegna che emerge non è una cartolina, ma una narrazione viva, costruita sul silenzio e sulla resistenza.
In questo modo, il film rinnova il ruolo del cinema italiano nel custodire la memoria dei luoghi e nel mettere in discussione le narrazioni dominanti che associano il progresso alla crescita economica e allo sviluppo indiscriminato del territorio.
Articolo di Noemi Pisano



