Da X a MaXXXine: l’evoluzione di stile di Mia Goth nella trilogia horror di Ti West

Hollywood, 1985. Maxine Minx, ex star di film per adulti e aspirante attrice, è pronta a conquistare la fama che ha sempre sognato. Ma mentre la città delle luci si tinge di sangue per colpa di un misterioso serial killer, il suo passato oscuro minaccia di riemergere. In MaXXXine, capitolo conclusivo dopo X – A Sexy Horror Story (2022) e Pearl (2023), Mia Goth in questo film abbraccia definitivamente la sua identità da supereroina anni ’80, tra latex, neon e vendetta.

“Maxine vuole realizzare i suoi sogni e niente e nessuno le impedirà di ottenere la vita che desidera”, spiega Mia Goth. “Quando la incontriamo a metà degli anni ’80, è entrata in una nuova fase: non solo non ha perso la sua ambizione, ma ha anche acquisito maggiore consapevolezza delle sue capacità, grazie al successo ottenuto nei film per adulti. Dopo essersi trasferita a Los Angeles, le viene offerta all’improvviso la più grande opportunità della sua vita: girare un sequel horror.”

L’occasione è The Puritan 2, un film diretto da una regista britannica dal piglio severo, interpretata da Elizabeth Debicki. Con MaXXXine, Ti West espande e raffina l’universo costruito nei due capitoli precedenti: location più ampie, atmosfere hollywoodiane e un cast corale che include anche Lily Collins. Ma sotto la patina scintillante degli anni ’80 si nasconde l’oscurità, un misterioso assassino sta facendo a pezzi le star del cinema, evocando il terrore reale seminato in California dal famigerato Night Stalker.

“Maxine si trova ora in un momento diverso della vita, è a un passo dalla celebrità, un po’ come accadeva in Pearl, ma in un modo del tutto nuovo,” spiega Ti West. “In lei c’è stata un’evoluzione, e lo stesso è accaduto anche nella carriera di Mia come attrice. L’obiettivo di questa trilogia è sempre stato quello di celebrare l’arte del fare cinema, e uno degli aspetti più importanti è ovviamente la performance. È stato affascinante osservare la crescita di Mia nel corso dei tre film, la sua interpretazione è diventata sempre più stratificata, più consapevole, più coraggiosa. La priorità era una sola: non ripetersi mai.”

In X, Goth incarnava la tensione tra innocenza e desiderio, in Pearl esplorava la follia del sogno di gloria, mentre in MaXXXine diventa il simbolo di una nuova era: un’icona che usa la propria immagine come arma, trasformando l’ambizione in potere. È un percorso di emancipazione, ma anche di stile, dal retro-horror rurale degli anni ’70 alla scintillante brutalità metropolitana degli anni ’80.

Se X evocava l’atmosfera grindhouse di fine anni ’70 un’epoca in cui il cinema porno si girava ancora su pellicola e l’orrore respirava l’odore della celluloide. Pearl virava invece verso un musical Technicolor dai toni grotteschi, con echi da fiaba Disney contaminata.

Con MaXXXine, Ti West approda all’apice dell’era VHS, nel cuore pulsante degli anni ’80, quando il cinema di genere a basso budget, come Nightmare – Dal profondo della notte, condivideva lo stesso spazio culturale delle grandi produzioni hollywoodiane come Vivere e morire a Los Angeles. Entrambi usciti nel 1985, quei titoli raccontano un’epoca in cui l’industria dell’intrattenimento iniziava a confondere i confini tra mainstream e underground, proprio come fa oggi la trilogia di West.

Dal canto suo, Mia Goth descrive così questo terzo capitolo: “MaXXXine ha una dimensione enorme, molto più grande dei due precedenti, e Los Angeles è un personaggio a sé. Anche la musica è parte integrante della storia. In fondo, negli anni ’80 era tutto esagerato: i capelli, l’abbigliamento, le luci, le canzoni, le star.”

Ed è proprio quell’eccesso a definire il film. Ti West amplia la sua tela cinematografica rendendola più grande, più sfacciata, più audace e più barocca in ogni dettaglio: dai set illuminati al neon alle colonne sonore sintetiche, dai costumi scintillanti ai riflessi metallici dell’industria dello spettacolo. MaXXXine è una celebrazione dell’artificio, un omaggio al potere dell’immagine e al sogno, a volte oscuro, di voler essere visti a ogni costo.

Mia Goth descrive così questo terzo capitolo: “MaXXXine ha una dimensione enorme, molto più grande dei due precedenti, e Los Angeles è un personaggio a sé. Anche la musica è parte integrante della storia. In fondo, negli anni ’80 era tutto esagerato: i capelli, l’abbigliamento, le luci, le canzoni, le star.” Ti West amplia la sua tela cinematografica rendendola più grande, più sfacciata, più audace e più barocca. Un’estetica, quella dell’eccesso, che si riflette anche nel lavoro minuzioso compiuto sul look di Maxine. Insieme al team di parrucchieri, truccatori e costumisti, Ti West e Mia Goth hanno costruito per il personaggio un look preciso e iconico, capace di catturare l’essenza di Hollywood nel 1985. Il personaggio conserva la sua inconfondibile spruzzata di lentiggini, ormai marchio distintivo dopo X e Pearl, ma la sua immagine evolve, diventando più spigolosa e luminosa.

Per la prima volta, Mia Goth appare bionda, un cambiamento radicale che segna simbolicamente l’inizio di una nuova era per il personaggio. E in un film tanto ambizioso quanto corale, popolato da comparse, personaggi secondari e volti che si muovono tra nightclub, camerini e provini cinematografici, il lavoro su trucco e parrucco è stato monumentale.

Le parrucche, autentiche protagoniste del set, celebrano l’eccesso “capellone” dell’epoca, tra cotonature esasperate e volumi impossibili. Quelle di Mia, in particolare, hanno richiesto ore di lavorazione: vere sculture di capelli che seguono regole tutte loro. E in una delle sequenze più iconiche, ambientata in un club al ritmo di Welcome to the Pleasuredome dei Frankie Goes to Hollywood, il trucco di Goth diventa un gesto artistico: una pennellata rossa sugli occhi, che richiama il volto di Dale Bozzio sulla copertina dell’album Spring Session M dei Missing Persons. È il trionfo dell’estetica anni ’80: artificiale, potente, irripetibile.

Anche i costumi giocano un ruolo fondamentale nella metamorfosi del personaggio. A occuparsene è stata la costumista Mari-An Ceo, che ha attinto all’immaginario dei film di Brian De Palma tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, e a quello di Hardcore di Paul Schrader. Seguendo queste suggestioni, Ceo ha ideato per Maxine una serie di look che accompagnano e raccontano la sua trasformazione da un decennio all’altro.

“Gli anni ’80 sono stati un periodo di transizione in tutti i sensi: dalla sessualità alla musica, dalla moda al cinema,” spiega Ceo. “Abbiamo preso la Maxine di X e abbiamo cercato di farla uscire da quell’ambiente, spingendola verso il mondo, anche attraverso ciò che indossa.”

Così, la sua evoluzione stilistica diventa il riflesso diretto della sua scalata personale: dal denim e dalle tonalità terrose del Texas rurale al lucido sintetico e ai tagli strutturati della Los Angeles più artificiale. Ogni abito è una dichiarazione d’intenti, un passo verso il sogno, o l’illusione, di diventare una star.