Demna fa Gucci, il glitch più cool della moda

Tra ironia e identità fluidità, il fashion film presentato alla Milan Fashion Week ridefinisce i confini tra brand, linguaggio e spettacolo.

Avete presente quando la moda decide di hackerare sé stessa? Ecco, Demna lo ha appena fatto.

Alla Milan Fashion Week, Gucci diventa un portale di glitch visivi, volti sfocati e silhouette deformate: un cortocircuito estetico che trasforma l’errore in linguaggio.

Un esperimento firmato Demna, che più che una sfilata, ha messo in scena un meta-show sul potere dell’immagine.

Nel fashion film diretto da Demna Gvasalia per Gucci, la moda non è più solo ciò che indossiamo, ma ciò che guardiamo, condividiamo e remixiamo. Un collage visivo che fonde il caos digitale con l’eleganza made in Italy, tra modelle sospese in ambienti virtuali e capi che sembrano presi da un archivio glitchato.                                                                                                                                

  L’obiettivo? Ridefinire il concetto di autenticità. In un’epoca in cui ogni brand cerca la propria voce, Demna sceglie di distorcerla. La collaborazione con Gucci rappresenta due visioni diverse ma complementari, diventa una riflessione sulla liquidità identitaria del lusso contemporaneo.          

 Il risultato è un corto ipnotico, a metà tra performance art e campagna pubblicitaria, che parla la lingua dei social ma con l’intelligenza visiva di un autore.                                                              

Come sempre, Demna si diverte a confondere il pubblico: modelli senza volto, voci sintetiche, e un’estetica che mescola surrealismo digitale e sartorialità estrema.
Un invito a non prendere la moda troppo sul serio, ma anche a riconoscerne il potere di mettere in crisi le nostre certezze visive.

Tra ironia, estetica digitale e consapevolezza visiva, Demna ha trasformato la collaborazione con Gucci in un esperimento concettuale.
Non una semplice sfilata, ma una domanda aperta: “quanto siamo ancora disposti a credere all’immagine, quando l’immagine stessa gioca a sabotarsi?  “                                                             

  In un’epoca di feed saturi e realtà sintetiche, la risposta, come sempre è già parte dello spettacolo.