É stato presentato al festival di Venezia, l’ultimo film di Kathryn Bigelow. É da poco sbarcato su Netflix e vuole dare importanza ad un mirino sulla testa di ognuno di noi, le armi nucleari.
Il film ha 3 capitoli, tre diverse prospettive di membri dell’intelligence e della comunità militare americana. Lo stesso lasso di tempo, 18 minuti che porteranno un missile nucleare con mandante sconosciuto ad abbattersi su Chicago. La regista, vincitrice di premio oscar nel 2010, nella sua carriera ha voluto portare sotto gli occhi di tutti questioni reali ed il suo pensiero a riguardo. L’ ultimo prodotto infatti è un opera spietata e cruda che ha come scopo finale la riflessione sulle linee di comando globali e la questione nucleare.
Un grande punto a favore della pellicola è il cast per la quale c’ è stata evidente attività di curatela. Ad esempio veste i panni del presidente degli stati uniti, Idris Elba e lo fa in maniera misurata ed emozionante. Rebecca Ferguson è il capitano Walker una donna ferma e autorevole che scivola nello sconforto per un solo momento ma poco dopo si riprende. Un vero capitano che se non fosse stato per il collega forse avrebbe anteposto il dovere anche alla famiglia. L’ attrice ci ha regalato, mio parere, un ottima performance, forse è stato il personaggio che ho apprezzato di più. Durante tutto il film ho notato che le figure femminili mantengono maggior fermezza rispetto gli uomini e vengono rappresentate come pilastri. Mi piace!

Il buio e all’ improvviso un rumore grave che francamente mi ha fatto sobbalzare, così inizia tutto. Subito ci ritroviamo in un atmosfera tesa e stressante, poi uno statement :“ Al termine della guerra fredda i poteri globali hanno compreso che il mondo sarebbe meglio senza le armi nucleari, ma quell’ era è finita”. L’ansia sale, adesso quel mirino sulle nostre teste, ha un faro puntato e lo vediamo chiaramente. Durante tutto il film questo sentimento non si allontana mai e anzi dal 1 al 3 atto si amplifica. Nei diversi atti parole di sottofondo diventano successivamente protagoniste e ci portano più vicine alla vicenda.C’è un dualismo due linee che si intrecciano e si sovrappongono, la razionalità e i sentimenti, tutto questo movimento rende il film estremamente reale e toccante. Questi attimi di fragilità fanno che l’osservatore possa entrare in empatia con i personaggi. Nel 3° atto, il ministro della difesa, perde le staffe. Riuscire a neutralizzare il missile è probabile come il lancio di una monetina. Costruire una casa di dinamite non ti mette al sicuro.

Con l’ arrivo su Netflix e il contatto con il grande pubblico, sono arrivate anche molte critiche da parte degli utenti e non solo. Il pentagono si è lamentato ribattendo sulla probabilità di riuscita delle linee di difesa, dichiarando che i test funzionano al 100%. Nonostante ciò le maggiori opinioni negative riguardano il finale, che secondo alcuni rimane tagliato di netto. Gli spettatori non scoprono infatti se il missile esplode. Non è questo l’ obiettiva dell’ opera infatti ha uno scopo più grande, perché la bomba esplode nella consapevolezza di chi guarda. Questo è “solo” un film ma bastano 18 minuti per far si che diventi una tragedia reale.


