Il debutto femminile dello stilista nordirlandese alla Paris Fashion Week 2025, ha fatto tanto discutere, tra il ricordo di chi c’è stato e il racconto della contemporaneità. La sfilata, avvenuta all’interno dei Giardini delle Tuileries, ha visto la partecipazione di star, politici e colleghi stilisti, che hanno reso omaggio con la loro presenza a questa importante e complessa giornata. Anderson si è aperto sinceramente ad un archivio denso di storia, e ad un heritage ancora più significativo. Ha portato in passerella la sua personale mediazione, tra il ricordo di ciò che c’è stato, e le necessità della società contemporanea.
La sfilata, iniziata con il documentario diretto da Adam Curtis, un omaggio ai predecessori, è proseguita in primo piano nel palcoscenico firmato Luca Guadagnino, gli abiti, un susseguirsi di pezzi cult e silhouette moderne, le calzature un reset totale, ritorna il logo storico con uno stile retrò e maxi, le borse, accessorio importantissimo per la maison, tanto belle da desiderarle subito, sono le nuove it-bag del momento. Il passato è stato ripreso dallo stilista con un rigoroso rispetto, vediamo la Bar jacket, simbolo del new look e intrinseca di un animo rivoluzionario, l’abito Tourbillion del 1957 con plissè e fiocchi che Monsieur Dior, già usava a metà anni ’50 come nodo funzionale e le gonne Delft del 1948, che si accorciano fino a diventare delle minigonne, più sensuali ma con criterio.
In questo debutto è chiaro che l’archivio, per Jonathan Anderson, non è un magazzino in cui rifugiarsi per andare sul sicuro, ma un luogo dove nascono tensione e dibattiti che portano a nuove rivoluzioni. La grammatica Dior viene ricollocata e alleggerita, con materiali nuovi. Questa collezione dimostra che l’heritage, se vuole restare vivo, deve accettare di farsi attraversare dal dubbio e dal cambiamento. Dior, in questa lettura, non è la memoria di ciò che è stato, ma la capacità di interrogare ancora, e con precisione, cosa significa vestire il corpo oggi.