After the Hunt: quando gli abiti raccontano ciò che il thriller non dice

Un Articolo di Federica Bonalloggi

Il nuovo film di Luca Guadagno dall’estetica The Row, è disponibile dal 16 ottobre in tutte le sale cinema. Protagonisti del grande schermo sono Julia Roberts, Andrew Garfield e Ayo Edebiri, resi magnetici dai costumi della rinomata Giulia Piersanti.

Come anticipato dalla stessa protagonista, il film pone l’attenzione sull’attualissimo e discusso tema delle violenze sessuali, degli abusi psicologici e dell’incapacità degli adulti di comprendere la nuova sensibilità della GenZ, e viceversa. Questa pellicola, che oscilla tra dramma e thriller, intreccia le versioni di una studentessa (Maggie), che accusa un professore (Hank) per aver subito una violenza. Lo scorrere del tempo è accompagnato dalla presenza misteriosa della professoressa Alma, interpretata da Julia Roberts. Il suo guardaroba, in particolare, riflette la complessità del suo personaggio che si snoda in equilibrio tra apparenza, fascino e sofisticazione. Senza mai apparire decifrabile.

Da sempre amante del mondo cinematografico, Giulia Piersanti ha firmato rinomate pellicole insieme al regista: A Bigger Splash (2015), il cult Chiamami col tuo nome (2017), Suspiria (2018) e Bones and All(2022). Oggi responsabile della maglieria per Celine, per questo film, ha voluto creare il perfetto guardaroba di un contesto accademico alto-borghese: un’elevazione dello stile preppy, ma più maturo e sofisticato. I pezzi scelti dovevano rispecchiare le atmosfere del New England – mocassini, blazer, camicie inamidate – e al tempo stesso mostrare i dissidi interiori dei protagonisti.

Nel mondo calibrato di After the Hunt, ogni abito diventa un riflesso della mente.
Per Alma, la costumista ha costruito un guardaroba ridotto all’essenziale: pochi capi senza tempo, impeccabili e funzionali — la capsule wardrobe di una donna che conosce il proprio potere e lo esercita con grazia. Il suo look-simbolo è un completo bianco di Totême, indossato durante una festa nella sua casa. È il punto di svolta del film: il bianco, così puro e composto, incarna l’apparente irreprensibilità di Alma prima che tutto inizi a incrinarsi. Da quel momento, i toni si fanno più scuri, i tagli leggermente più disordinati ma sempre controllati. Indossa The Row, Celine, Lemaire, con tocchi Ralph Lauren e LL Bean vintage: marchi che parlano di eleganza e misura, ma anche di una freddezza che inizia a tremare.

Gena Rowlands in Un’altra donna di Woody Allen, è la principale ispirazione — una professoressa algida, intrappolata nel proprio rigore. Ma anche due immagini precise, Camilla Nickerson e Tina Chow, donne di ghiaccio che sembrano scolpite nella loro compostezza fatta di seta, lana e controllo.

Accanto a lei, Maggie, l’allieva devota, ne replica inconsapevolmente lo stile attraverso versioni più economiche, spesso firmate Grace Wales Bonner, come se cercasse di indossare la pelle della sua mentore. È il gesto di chi ammira e desidera somigliare. Ma quando il legame si incrina, anche i loro vestiti iniziano a divergere, segnando visivamente la distanza emotiva.

Persino il professor Hank vive la propria discesa attraverso i tessuti: le giacche scompaiono, i bottoni saltano, le maniche si arrotolano. Ogni piega racconta un cedimento.

Nel film di Luca Guadagnino, la psicologia passa attraverso i vestiti. Gli abiti pensano, mentono, confessano. Rivelano ciò che le parole non osano dire.