Make love not war: i figli dei fiori non sono mai appassiti

Lo spirito libero e irriverente della cultura hippie torna a farsi sentire anche nel 2025: tocchi folk, abiti svolazzanti, stivali fino al ginocchio e zoccoli di legno, il boho chic-rock torna ancora più aggressivo con borchie e frange, il vivace movimento si avvicina anche a colori più scuri e misteriosi come il nero, simbolo di protesta sociale. Un dolce e seducente ritorno nostalgico ad un passato non troppo lontano, specialmente per le ideologie, che gridano alla pace e all’amore, in u presente colmo di tensioni politiche e sociali.

Camice over con rouche, giacche di pelle, minigonne, cinture e stivali alti impreziositi da borchie o frange e maxi bag per un look disordinato ma ordinato allo stesso tempo, richiamo al periodo storico attuale, pieno di contraddizioni e ipocrisia che abbiamo potuto notare anche nella vertiginosa sfilata per la primavera/estate 2025 di Alessandro Michele per Valentino.

Uno stile che unisce le due grandi rivoluzioni giovanili del decennio dei ‘70, l’hippie e il punk, culminando in un’esplosione di rivolta giovanile nel XXI secolo. Giacche in pelle nera dall’aspetto ruvido e borchie abbinate a top romantici, pizzi, camice drappeggiate, gonne gitane e gioielli etnici.

Gli anni ‘70 sono stati il fulcro di una rivoluzione culturale e stilistica che ha dato vita alla moda hippie e boho, un’esplosione di libertà, creatività e ribellione che oggi sembra più attuale che mai

Caratterizzata non solo da colori vibranti e pantaloni a zampa d’elefante, ma anche una spiccata passione per l’artigianato, capi fatti a mano, ricami unici e applicazioni personalizzate raccontano storie di autenticità e di un’epoca che sognava il cambiamento. Quel sogno oggi trova nuova vita, mescolandosi con le sfide e le tensioni sociali contemporanee, rendendo l’heritage hippie più vivo e rilevante che mai, ha lasciato un’eredità duratura, rappresentando non solo uno stile di abbigliamento, ma anche un modo di vivere e di pensare. 

50 anni fa le tensioni sociali e politiche erano alle stelle: la guerra del Vietnam aveva alimentato una forte opposizione tra i giovani americani, i quali rifiutavano la violenza sperando in un profondo cambiamento sociale e morale, espresso attraverso la propria estetica che aiutava a identificarli in un gruppo unico, distaccato, non solo ideologicamente, dalla massa conservatrice; vestiti sfarzosi e variopinti, ognuno era libero di esprimere sé stesso, ideali comuni di pace, amore e fratellanza, dichiarazioni politiche che facevano leva sulla libertà di espressione, di uguaglianza (sessuale e religiosa) e di ambientalismo. Oggi, questi stessi valori sono ancora vivi e pulsanti nei giovani che, come quei “figli dei fiori”, si oppongono alle guerre e alle censure imposte da governi sempre più rigidi e militarizzati. In un contesto globale segnato da conflitti come la guerra in Ucraina – continuazione silenziosa della Guerra Fredda – e il genocidio in Palestina, la ricerca di pace e comunità torna a farsi sentire come una fiamma che non si è mai spenta.

I giovani degli anni ’20 del nuovo millennio gridano al “make love, not war”, che risuona come un eco delle generazioni passate, ma con una consapevolezza nuova e urgente. Oggi, si ribellano contro il consumismo che permea ogni aspetto della vita, contro il conformismo che imprigiona le menti e contro le discriminazioni razziali e sessuali che continuano a lacerare la società. Con la crescente crisi climatica e le sfide ecologiche, le nuove generazioni si oppongono all’industrializzazione e al degrado ambientale, scegliendo soluzioni più sostenibili, come il ” second-hand” che non è solo una tendenza estetica, legata al fascino del vintage, ma un vero e proprio atto politico: diventa strumento di espressione della propria identità e delle proprie idee, l’adozione di abbigliamento usato o riciclato diventa un atto di resistenza, un modo per sfidare l’industria della moda fast fashion. La moda di oggi, con il suo richiamo all’autenticità e alla comunità, rappresenta una risposta potente alla solitudine moderna.

Il ritorno dello stile hippie nel contemporaneo simboleggia una rinascita di ideali che risuonano con forza nelle generazioni di oggi. Mentre il mondo si trova a fronteggiare un periodo di crescente incertezza, tra conflitti geopolitici, disuguaglianze sociali e la crescente alienazione, la moda diventa un potente strumento di protesta, di affermazione di sé e di resistenza alle ingiustizie che circondano la società odierna. La rivoluzione hippie, con il suo spirito di libertà, pace e amore, è tornata a infiltrarsi nei nostri armadi ancora più aggressiva e potente. Il vestiario diventa il megafono, la dichiarazione visibile, il modo di gridare al mondo che i valori di pace, amore e giustizia sono essenziali per un futuro migliore. 

La moda è sempre stata un linguaggio, un codice che racconta i cambiamenti della società e i desideri delle generazioni. Il ritorno dello stile hippie in chiave punk-rock e contemporanea, è il riflesso di un bisogno più profondo: quello di riscoprire autenticità, libertà e ribellione in un mondo che sembra sempre più imprigionato da logiche di potere, consumo e controllo. Come negli anni ’70, i giovani di oggi trovano nella moda un modo per esprimere la loro identità e il loro dissenso, mescolando elementi vintage e dettagli moderni per raccontare una storia di resistenza. In un’epoca segnata da guerre, disuguaglianze e crisi ambientali, il “peace and love” non è solo una frase romantica di tempi andati, ma una necessità urgente. La moda diventa ancora una volta un’arma di rivoluzione culturale, un mezzo per dichiarare al mondo che un cambiamento è possibile, che l’individualità e la collettività possono coesistere, e che il passato può ispirare il futuro senza rimanerne prigionieri. Dietro la tendenza boho-moto c’è un manifesto di chi sceglie di non omologarsi, di chi crede ancora che l’amore e la libertà possano essere i veri motori di trasformazione.